Oggi come inizio dell’anno nuovo vi voglio far leggere un po’ del mio primo libro.
Chissà se vi piacerà…
Lasciate pure i vostri commenti!!
Partiamo dal primo capitolo…così mi conoscete un po’….
La libreria
Pioveva a dirotto in quella fredda e monotona giornata di novembre ed era quasi impossibile vedere attraverso i vetri delle finestre quando, quasi sorta dal nulla, sotto i portici della piazzetta di via Milano comparve una ragazza di bassa statura, grassottella di forse una ventina d’anni. Se un passante l’avesse guardata da vicino, avrebbe scoperto sul suo viso un’espressione sorpresa, dovuta forse agli occhi piuttosto ravvicinati e un sorriso rivelatore di un carattere ancora appena un po’ infantile.
I capelli, neri corvini, le ricadevano bagnati sul viso e lo spolverino che indossava era completamente madido di pioggia.
Uscendo come una furia dal luogo dove lavorava pareva sconvolta ma, se lo era, si sarebbe dovuto incolpare il suo capo, un uomo sulla quarantina, isterico e accentratore che aveva il potere di farle perdere l’autocontrollo.
La ragazza, di nome Silvia, una volta sul marciapiede, si era diretta verso una libreria e adesso ,trafelata , si trovava davanti alla vetrina di una libreria, fissando il vuoto.
Ma non durò molto : spalancata la porta quasi con violenza entrò nel negozio attratta dagli scaffali, carichi di libri d’ ogni genere.
La lettura era la sua vera passione e per lei non esisteva nulla di meglio al ondo di un libro per ritrovare serenità e tranquillità.
Stazionava lì, indecisa davanti alla parete tappezzata di libri, quando tra essi ne vide uno che le apparve subito particolare : la copertina era di pelle verde, ma il libro era senza titolo.
Senza sapere il perché capì subito, al di là di ogni dubbio, che lei era entrata nel negozio proprio per quel libro, un libro che – lo sentiva intimamente- le apparteneva da sempre.
Lo tolse dallo scaffale e cominciò a sfogliarlo, ma , mentre incuriosita leggeva le prime parole, udì una voce dal suono gentile, delicato. Sorpresa, si guardò intorno per capire da dove provenisse, ma indagare non servì a nulla, perché la voce che aveva udito sorgeva da dentro, nell’anima.
Allora,abbandonate le braccia lungo il corpo, lasciò che la voce continuasse a sussurrare nella sua mente.
“….E’ da tanto che ti chiamo, ma tu non mi senti.”
“Ma com’è possibile?” chiese lei. “Ho sentito le parole provenire dal libro? “…” Sì, sì sono proprio io, il libro!’’, esclamò la voce con forza.
Sotto i suoi occhi le pagine incominciarono a svolazzare.
La ragazza era sconvolta dall’esperienza del libro parlante, tuttavia avvertiva la sensazione di essere come cullata da un succedersi di onde serene.
“….Non è difficile comprendere” proseguì la voce” che le azioni malvagie degli uomini esistono perché alla loro base esiste più una conoscenza incompleta del mondo e della realtà circostante, anziché un vero intento malvagio.
Chi agisce con cattiveria nei confronti degli altri lo fa perché non vede alternative e non percepisce gli altri uguali a se stesso e il danno lo compie per proteggersi, non avendo scelte o per l’incapacità di comprendere le altrui prospettive.”.
Silvia si irrigidì a quelle parole, ma, nello stesso tempo, non potè fare a meno di rivisitare con quella nuova prospettiva i fatti accaduti in quei giorni al lavoro.
Lavorava come assistente alle vendite in una fabbrica di gioielli di pregio, nota in Italia e all’estero.
Il suo capo era un tipo burbero e arrogante, con un modo di incedere che, agli occhi di chi lo guardava, pareva solo alterigia. Sempre irrigidito, come se fosse costretto a portare lungo la schiena un correttore di legno per la spina dorsale, si muoveva costantemente con atteggiamento irrequieto. Silvia lavorava in uno di quei locali definiti open-space, con altri colleghi, tuttavia il suo capo, immancabilmente, fra tutti, si rivolgeva solo a lei.
Quando era nervoso, lo si capiva da lontano perché spuntava sul suo volto il famoso ’il tic dello gnomo ’, affibbiatogli dai dipendenti, consistente in un movimento continuo degli occhi e del naso che li riusciva ad arricciare contemporaneamente. Quando si trovava in questo stato d’animo, l’uomo assumeva un atteggiamento minaccioso, chiedendole dove si trovasse questa o quella pratica, a che punto fosse con i diversi clienti. Una scena che si ripeteva con esasperante continuità mentre lei si domandava quali fossero le sue colpe e che cosa avesse fatto di sbagliato. Eppure era riuscita ad instaurare un buon rapporto con tutti, in ufficio, ma non con il suo capo. Con concentrazione, Silvia stava riflettendo.
“ E’ interessante ciò che dici, esclamò poi “sembra addirittura che si adatti perfettamente alla mia situazione lavorativa. Puoi spiegarti meglio?” .
“Certamente. Si capisce meglio la prospettiva dell’altro quando è solida la nostra:
bisogna ascoltare se stessi e gli altri per capire il senso della comunicazione senza che il proprio pensiero sia distratto.
La parola ascolto significa rispetto, reciprocità, comprensione.
Se l’altro parla con te è perché vuole comunicare con te; per comprenderlo meglio non devi interromperlo, ma assecondarlo; per capire che cosa pensa, che cosa vuole e perché agisce in un determinato modo devi guardare le cose dal suo punto di vista. Ora se la vuoi ascoltare, ti racconto una storia”, concluse il libro.
“Va bene, sentiamo”, replicò Silvia.
Lo Zoo di Denver aveva deciso di comprare un orso polare. Il direttore, un vecchio signore dalla chioma canuta e la lunga barba bianca, aveva un debole per gli orsi polari.
Provava una profonda soggezione di fronte al loro corpo grande e muscoloso e ne rispettava la primordiale intelligenza che vedeva rispecchiarsi dalle loro movenze lente ma eleganti e dall’acutezza dello sguardo, ma, al di sopra di ogni altra cosa,
amava lo loro pelliccia candida, pura e spessa, così simile alla barba che ornava il suo volto.
Per queste particolari affinità che avvertiva nei loro confronti aveva deciso che gli orsi polari dello Zoo di Denver avrebbero dovuto avere una gabbia ampia e il più possibile simile al loro habitat naturale ..
Per raggiungere questo scopo mise al lavoro progettisti, tecnici e manovali affinché venisse edificato un recinto tanto grande e talmente realistico nel rappresentare il paesaggio artico, da non avere rivali nemmeno tra i maggiori zoo del mondo per maestria di esecuzione e di costo.
La costruzione del recinto era pronta soltanto a metà, quando al direttore venne offerta l’occasione di concludere un affare acquistando il più bell’orso polare su cui avesse mai posato gli occhi.
Questo animale risultò talmente di suo gusto che, quando lo aveva esaminato, aveva ricevuto l’impressione di trovarsi davanti ad uno specchio che gli rimandava la propria immagine mentre lui fissava l’animale che gli ricambiava lo sguardo dondolando lentamente la testa.
Non capita tutti i giorni di fare un buon affare con un orso polare e il direttore decise di comprarlo ugualmente, malgrado il recinto non fosse ancora pronto.
L’animale venne anestetizzato e al suo risveglio si trovò rinchiuso in un’angusta gabbia di sbarre metalliche, al centro del grande recinto naturale in costruzione, nella quale sarebbe dovuto rimanere sino a che questo non fosse stato terminato.
Le esigue dimensioni della gabbia gli permettevano di percorrere circa quattro passi prima che le fredde sbarre di metallo gli impedissero di proseguire, ma,.non avendo altra possibilità,, l’orso aveva preso ben presto l’abitudine di passeggiare nell’ ambiente circoscritto della sua piccola abitazione.
Muoveva quattro passi in una direzione, si alzava sugli arti posteriori, eseguiva una lenta conversione di 180° con la convinzione di cui solo gli orsi sono capaci, quindi faceva quattro passi nella direzione opposta, si rialzava ancora e si rigirava sollevando in alto gli anteriori.
Per l’intero giorno non faceva altro che passeggiare metodicamente avanti e indietro nella gabbia, osservando gli operai al lavoro nell’immenso cantiere.
Finalmente, dopo mesi di duro e coscienzioso lavoro, la costruzione della nuova abitazione dell’orso polare venne ultimata.
L’animale fu di nuovo addormentato e fu tolta la piccola gabbia metallica che per molti mesi era stata il suo mondo.
Attorno all’enorme recinto si radunò una gran folla ,composta da visitatori, dal personale dello zoo, dagli operai che lo avevano costruito e, naturalmente, dal fierissimo direttore, tutti quanti in ansiosa attesa delle reazioni dell’orso di fronte alla sua nuova, bellissima casa.
Quando l’orso polare si svegliò, si drizzò con cautela sulle gambe e, scuotendo la testa, cercò di scacciare i residui del sonno provocatogli dal sedativo.
Il direttore aveva quasi l’impressione di sentire lui stesso l’eccitazione crescere nel petto dell’animale mentre si accingeva ad esplorare il suo ambiente meraviglioso, così realistico.
L’uomo era al colmo dell’impazienza, ma, finalmente, vide l’orso fare quattro passi lenti ma sicuri, poi alzarsi e girarsi percorrere altri quattro passi nella direzione opposta, poi alzarsi e girarsi per dirigersi con altri quattro passi nella direzione opposta, poi rialzarsi ancora per rigirarsi e ripercorrere i quattro passi di prima, rialzarsi….
“A volte si ha la certezza di capire le altre persone credendo di conoscerle alla perfezione, ma non è sempre così…
Ti sei forse sforzata di metterti nei panni del tuo capo?
Per comprenderlo, per sintonizzarti con lui, bisogna allineare cuore, mente e anima.
Solo così è possibile entrare in contatto con gli altri, capirli, comprenderli, intravedere il loro punto di vista.”
La ragazza continuò a leggere e a rileggere quelle righe domandandosi che cosa avrebbe potuto fare per consolidare la sua prospettiva nei confronti degli altri : fremeva all’idea di impossessarsi di nuove abilità. Il libro le stava offrendo insolite opportunità e nel contempo la faceva sentire più rilassata, distante dalla sua solita ansia, mentre il suo respiro si faceva più profondo.
Le pagine rincominciarono a girare vorticosamente ,e la risposta venne subito..
Il libro si aprì a metà e Silvia, incredula, riprese a leggere.
“Puoi controllare ed influenzare il tuo sviluppo personale puoi vivere la tua vita come vuoi che debba essere vissuta, oppure puoi ignorare questo potere e sopravvivere, facendoti sballottare come una barca sulle onde dell'oceano.”
Un grande filosofo, un tempo, aveva affermato: "E' stata una grande scoperta per me l'aver notato che la maggior parte dei difetti che rilevavo negli altri erano soltanto il riflesso della mia stessa natura".
“Molto spesso avere difficoltà di comunicazione con un’altra persona non significa altro che avere problemi con l’immagine di se stessi riflessa nell’altro, nella difficoltà di relazionare se stesso con quella parte di sé che piace o che non piace.
Il problema reale e la sua soluzione non consistono nell’altra persona. Quando si comprende questo semplice assioma, gli altri cessano automaticamente di esserci nemici trasformandosi in alleati, facendoci con questo un grosso favore e permettendoci di vedere ciò che non volevamo osservare di noi stessi. Nella frase che Gesù disse ai suoi discepoli :" Amate i vostri nemici" è insito il proposito di spiegare al mondo che l’altro è il nostro specchio, sia che quest’ultimo rifletta la positività che le negatività.”.
Silvia si fece sempre più curiosa.
“ Come si fa, più concretamente, a vivere la vita così come vuoi che essa sia ?”, chiese.
“…Bisogna partire da un semplice principio: gli stati d’animo li crei tu stessa e le emozioni non capitano per caso. Una depressione, spesso, si instaura perché la si crea mediante specifiche azioni mentali, fisiche come, ad esempio, l’esaminare la propria esistenza, da un punto di vista negativo, parlare a se stessi on voce triste, camminare curvi e rattrappiti, creare il vuoto intorno con immagini deleterie di sé.
…………
Intanto sulla nuvola Zimbi, nel paese dei sapienti, si erano riuniti i saggi onde verificare se il libro avesse dato gli effetti desiderati , se avrebbe potuto modificare il modo di pensare dell’uomo e se, in caso di risposte positive, non ci fosse la necessità di farlo conoscere, oltre che a Silvia, anche ad altre persone.
La riunione ebbe esito positivo .
E tutto ricominciò così, per caso…
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